Rebecca Agnes, Alessia Chiappino, Daniela Comani,
Paola Gaviria, Ghazel, Johan Thurfjell
a cura di Chiara Agnello
Inaugurazione 20 aprile ore 18.30
20 aprile – 27 maggio 2006
La Galleria 1000eventi è lieta di annunciare l’inaugurazione della mostra collettiva ” Diari ” a cura di Chiara Agnello, giovedì 20 aprile ore 18.30.
Diari riflette sull’attitudine di alcuni artisti a raccontare e a raccontarsi attraverso pratiche meticolose, costruite nel tempo, a volte negli anni, e basate sulla ripetizione costante di un gesto.
Rebecca Agnes, Alessia Chiappino, Daniela Comani, Paola Gaviria, Ghazel e Johan Thurfjell usano media diversi – dal video, all’installazione sonora, al disegno, alla scrittura – ma con l’intento comune di ‘annotare’ fatti, sia storici che personali. Anche quando il racconto è legato alla propria quotidianità e risolto in solitudine, è aperto verso l’esterno a sviluppare un dialogo con la realtà circostante, ri-trascritta, ri-pensata o re-immaginata. Attraverso l’attività del disegnare o del filmarsi, gli artisti trasformano la geometria astratta dei luoghi in esperienza dello spazio e del tempo.
Me 1995-2005 è un’opera in progress, un diario video che Ghazel (Tehran, 1966) inizia nel 1995 e da allora si evolve con lei. Attualmente si compone di circa 650 scene, equivalenti a più di 17 ore di riprese, ambientate nei differenti paesi in cui l’artista si trova. Attraverso una gestualità semplice e scene legate al quotidiano, che richiamano in parte le commedie del cinema muto, Ghazel racconta di sé e della sua “culture mélangée”, delle sue multiple e “imperfette” identità , del suo vivere e sentirsi straniera in Occidente così come in Iran. Filo conduttore dell’intera serie è il chador che le ricopre il capo, quasi elemento decorativo privato dei significati originari. I sottotitoli accompagnano e contraddicono le immagini, facendone emergere il carattere ironico e sempre politico.
E’ un work in progress anche il lavoro di Johan Thurfjell (Stoccolma, 1970). Iniziato nel settembre 2001, An attempt to understand (2001-2003) è un’installazione costituita da centinaia di post-it colorati, incentrata sul ruolo della percezione personale e soggettiva nella descrizione della storia. Thurfjell costruisce infatti l’opera attraverso l’associazione di due processi paralleli dove le memorie e i principali fatti della sua vita privata sono messi in relazione agli eventi più significativi del conflitto fra Israele e Palestina raccontati da diverse fonti (i post-it variano di colore a secondo della fonte: araba, ebrea, americana…). Nel tentativo di comprendere, Thurfjell inserisce la propria persona in un processo storico-politico. Il risultato finale è una mappa cronologica, un organismo in movimento costante, un mormorio di centinaia di voci.
Con Ich war’s. Tagebuch 1900-1999 / Sono stata io. Diario 1900-1999 (Bologna, 1965) l’artista italiana Daniela Comani, da anni residente a Berlino, crea un ipotetico e surreale diario storico. L’installazione sonora Ich war’s condensa una serie di eventi accaduti nel XX Secolo, un archivio di notizie recitate in lingua tedesca da una speaker con voce impostata e tono giornalistico. Essendo scritto interamente in prima persona, quel fluire di fatti che hanno segnato la storia dell’umanità , come la morte di Kennedy o di Marilyn Monroe, entrano nella sfera privata, attraverso un Io narrante – autore (impossibile) – che assume alternativamente il ruolo di colpevole e vittima.
Il riferimento alla realtà socio-politica ritorna con frequenza anche nel lavoro di Paola Gaviria (Quito – Ecuador, 1977), in questo caso alla situazione latino americana. Attraverso un disegno naife e l’utilizzo di differenti formati, Paola Gaviria racconta la sua quotidianità , i suoi pensieri, i suoi viaggi in Ecuador, Perù, Bolivia o Argentina, come in Suramerica (2006).
Todo Bien, Everything’s gonna be allright (2005) è un diario costruito dal susseguirsi di scene di vita urbana raccordate dall’elemento grafico dei cavi elettrici sempre presente: al di sopra e al di sotto si evolve una storia fatta di particolari significativi come due corvi neri che scrutano immobili o un elicottero che, sorvolando in lontananza, rimanda ad un clima di tensione. Il nero è il colore predominante, l’arancio fa da contappunto, evidenziandone alcuni particolari come i graffiti sui muri o gli elementi vegetali.
Il lavoro di Alessia Chiappino e di Rebecca Agnes si muove verso una dimensione più intima, ma sempre costruita attraverso una pratica quotidiana che ripercorre e rielabora in modo personale il vissuto.
Alessia Chiappino (Valenza, 1980) riscrive con insistenza e in modo quasi ossessivo i propri diari, singole frasi o estratti di libri su grandi fogli di carta bianchi, nel tentativo utopico di fermare il tempo, ma anche di liberarsene per lasciare spazio a nuovi pensieri. Nell’atto della trascrizione, ciಠche appartiene alla dimensione più intima non perde l’aura originaria: la narrazione passa infatti in secondo piano, poichè il testo è scritto in modo talmente fitto, da divenire illeggibile e negare la propria funzione. Quanto era in origine segreto torna ad esserlo al termine del processo di scrittura.
In questa occasione presenta Disintegration Loops (2006), dove copia pezzi di vecchi diari, di testi come Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes, intercalati da considerazioni o fatti personali.
Tutto il lavoro di Rebecca Agnes (Pavia, 1978) ha a che fare con la narrazione di storie, dove realtà e fantasia, vissuto e immaginario personale dialogano, grazie anche al coinvolgimento dello spettatore nella fase di creazione dell’opera.
110 giorni e altri 255 (2006) è un grande diario costruito in forma di calendario dell’anno in corso, trasposto in un codice personale: ad ogni giorno l’artista associa un disegno diverso. Si tratta di organismi vegetali proveniente da realtà immaginate e organizzati con un’attenzione quasi scientifica, a ricordare un’enciclopedia botanica illustrata. Alcune caselle sono lasciate in bianco; lì aggiungerà in un secondo momento i disegni chiesti alle persone più care, da appuntare in corrispondenza dei rispettivi compleanni. La somma dei segni prodotti da più individui, porta alla costruzione corale di un racconto, impreciso, ineffabile, ma più veritiero di una voce sola.
Rebecca disegna a mano e poi, attraverso l’uso del computer e del mouse, ripercorre quel segno, trasformandolo in traccia digitale, quasi a riattualizzare l’antica pratica del ricamo che caratterizza parte del suo lavoro.